Durante l’ultima Assemblea dei Soci abbiamo avuto il piacere di conoscere Antonio e Francesca, due tutor del progetto Alimentazione Fuori Casa, che si occupano di trasmettere ai gestori le procedure operative contro i rischi da contaminazione da glutine e di monitorare periodicamente il rispetto dei parametri dei locali del network.
Insieme ai loro due bambini, Ludovica e Riccardo – celiaco – ci hanno colpito, oltre che per il loro impegno di coppia, anche per l’educazione e la forte collaborazione familiare che li unisce e che permette loro di vivere la celiachia in grande serenità. Ludovica, infatti, da brava sorella maggiore, presta attenzione alle etichette dei prodotti e si assicura che le merende di suo fratello siano senza glutine.
Nell’intervista ci raccontano il loro lavoro in Associazione e la loro esperienza di celiachia in famiglia.
Cosa vi ha spinto ad intraprendere questa attività di volontariato?
Quando abbiamo ricevuto la diagnosi di nostro figlio, la celiachia per noi era un mondo abbastanza sconosciuto. Siamo entrambi operatori sanitari, ma abbiamo faticato a comprendere e far comprendere alla pediatra di allora, l’importanza di uno screening precoce sulla celiachia, soprattutto per i sintomi che lamentava nostro figlio, purtroppo troppo spesso sottovalutati.
Proprio per questa scarsa informazione del personale sanitario, dei ristoratori e delle stesse persone che come noi non conoscevano questa realtà, abbiamo sentito il dovere e il bisogno di dare un nostro piccolo contributo.
Dato il ruolo che il cibo assume nella nostra cultura, il pensiero che un’intolleranza possa limitare la sfera sociale delle persone ci ha imposto moralmente di scendere in campo, convinti che un’informazione più capillare, unita a una buona formazione, possano alleviare i disagi che i celiaci ancora trovano fuori casa, compresi quelli sul posto di lavoro, come ad esempio nell’ambiente militare.
Così, sotto la guida di AIC, abbiamo iniziato l’avventura di tutor del progetto “Alimentazione Fuori Casa” ed eccoci qui.
Come avete scoperto l’Associazione e che rapporto avete con la celiachia?
Quando nostro figlio a 2 anni ha ricevuto la diagnosi di celiachia eravamo impreparati. Grazie ad AIC, che abbiamo conosciuto attraverso l’Ospedale Bambin Gesù di Roma, ci siamo subito sentiti supportati, compresi e guidati in questa nuova dimensione che ha abbracciato tutta la famiglia e ha richiesto un necessario riadattamento della quotidianità, sia domestica che fuori casa, in particolare nella gestione dei pasti senza glutine a scuola. All’inizio non è stato semplice, ma possiamo affermare di aver vissuto la fase di adattamento con molta serenità e senza troppe ansie, con scrupolosa attenzione nell’osservare tutte le prescrizioni dietetiche e comportamentali previste. Proprio in questo AIC, mettendo a disposizione tutti i suoi strumenti informativi, digitali e le pubblicazioni, offre a tutti i celiaci e a chi deve prendersi cura di loro, dei solidi aiuti per vivere la malattia con tranquillità senza rinunciare ai rapporti sociali.
Qual è il principale valore che riconoscete ad AIC?
AIC è un faro che guida e rasserena il celiaco. Avere la certezza che qualcuno si batte tutti i giorni per i diritti di persone che devono trascorrere la propria vita “al riparo dal glutine” con il quale devono confrontarsi e convivere in pacifica armonia, ti emoziona e rende felice.
Se dovessimo descrivere il valore di AIC per noi, è senz’altro quello di “mettere il cuore in ogni cosa” e di esserci sempre.
Quali sono i vostri compiti da tutor e qual è l’aspetto del lavoro che trovate più interessante e più utile per i celiaci?
La vita da tutor ci arricchisce ogni giorno, ci fa conoscere tante realtà e comprendere anche le difficoltà e i timori dei ristoratori ancora poco informati. Un aspetto molto bello è la relazione che si instaura con i ristoratori stessi, che nasce da un percorso comune di crescita e miglioramento costante, una sorta di ciclo virtuoso che si consolida nel tempo grazie all’esperienza, lo studio e le opportunità che si presentano.
Questa attività è fondamentale perché costituisce la più valida sicurezza per un celiaco che non vuole, e non deve, abbandonare il piacere di vivere il nostro Paese fuori dalle mura domestiche.
In cosa, secondo voi, il Lazio si differenza dalle altre regioni (note positive e punti da migliorare)?
Il Lazio è una regione grande e complessa, ma per sua fortuna e per quella di tutti i celiaci laziali, l’Associazione è guidata da un grande Presidente che con il suo cuore e la sua professionalità porta AIC nelle nostre case, nei nostri lavori, nei nostri momenti di svago e ci fa sentire uniti, parte di una grande e nuova famiglia.
L’Associazione non si limita al raggiungimento di obiettivi, ma tende a migliorarsi sempre e a migliorare la vita dei celiaci.
Da utenti, come reputate l’accoglienza senza glutine nel Lazio? Ci sono state esperienze particolarmente positive che vorreste riscontrare anche altrove?
Il Lazio offre tantissime opportunità per una vita senza glutine. Abbiamo avuto esperienze in locali dove la sensibilità e la preparazione dei ristoratori e di tutto il personale sono stati davvero eccezionali. Purtroppo nella nostra, seppur piccola, esperienza sul territorio nazionale abbiamo riscontrato alcune disomogeneità nella gestione dei pasti senza glutine. Non abbiamo esperienza in tutte le regioni Italiane, ma sicuramente il Lazio e Roma, in particolare, fanno sentire i celiaci meno soli.
Qual è il rapporto con i ristoratori? E quali sono i motivi principali che muovono i locali a voler entrare nel network AFC?
Con i ristoratori si crea da subito un rapporto speciale, basato su collaborazione, serietà e rispetto. Spesso nelle fasi di monitoraggio e di formazione ci si arricchisce entrambi e si crea un rapporto che va oltre il classico incontro semestrale o annuale.
Abbiamo notato che, nella maggior parte dei casi, la spinta ad entrare nel network si basa sull’essersi trovati a gestire la celiachia per casi diagnosticati in famiglia o tra conoscenti, ma alcuni lo fanno anche per un encomiabile senso civico e di integrazione.
Quanti locali avete visitato fino ad ora? C’è un episodio piacevole che vi è rimasto impresso?
Circa 15 locali, in qualità di tutor e molti altri da clienti. Ricordo con piacere un ristoratore di un famosissimo locale di Roma, che alla domanda su come mai avesse intrapreso questo percorso ci ha risposto: “A tavola siamo e dobbiamo essere tutti uguali. Si sono vinte guerre e ideato opere d’arte davanti al buon cibo e non possiamo limitare questo diritto ai nostri clienti celiaci.”
Come vivete la celiachia in famiglia?
Dopo una prima fase di assestamento fisiologico e di rodaggio, adesso la viviamo in completa serenità. Possiamo affermare che la tenera età di nostro figlio ha permesso di adattarci con maggior semplicità, in quanto in casa si è ormai consolidato un ambiente protetto e il consumo dei pasti fuori casa avviene sempre con una scelta meticolosa dei locali aderenti al network. Un altro elemento che ci ha semplificato la vita è stato quello di preparare pasti senza glutine per tutti, lasciando ai non celiaci la possibilità di mangiare con glutine a pranzo perché, tra scuola e lavoro, lo facciamo quasi sempre fuori casa.
Inoltre, la scelta di alimenti naturalmente privi di glutine ci ha anche dato l’opportunità di limitare cibi pluriprocessati e consumare cibi più semplici come verdure, frutta, carne, pesce, uova, ecc.
In casa e con amici e parenti si è sempre parlato molto di celiachia, cercando di “medicalizzarla” il meno possibile e invitare tutti a cimentarsi, in sicurezza, nella cucina glutenfree.
Altro aspetto importante è l’aver trovato un’offerta commerciale vasta e completa vicino casa, anche presso locali con preparazioni artigianali.
Per la nostra esperienza, ricevere una diagnosi di celiachia in età pediatrica, anche dal punto di vista psicologico, può facilitare una famiglia e consente al bambino di crescere con la consapevolezza delle sue necessità alimentari, di abituarsi a gestire in maniera serena le fasi della vita e di predisporsi alla socialità in modo tranquillo.
Per concludere, vogliamo sottolineare che basterebbe davvero poco – con un piccolo sforzo da parte di tutti i ristoratori – a garantire esperienze culinarie identiche e maggiormente inclusive per tutti. Per questo crediamo che il potere dell’informazione e della formazione siano determinanti.
Ringraziamo Antonio e Francesca per il loro impegno in Associazione e per il loro esempio!